Strage di Erba, la difesa chiede revisione del processo: “Olindo Romano e Rosa Bazzi vittime di un errore giudiziario”

Strage di Erba

Cuno Tarfusser, sostituto procuratore di Milano, sarebbe pronto a chiedere alla Corte di Appello di Brescia la revisione del processo che ha condannato all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006. Secondo Tarfusser, vi sarebbero delle incongruenze nella sentenza di condanna e sarebbero state rinvenute nuove prove in loro difesa.

Cos’è la strage di Erba ed i dubbi sulle tre prove della condanna

Olindo Romano e Rosa Bazzi sono stati condannati all’ergastolo per aver ucciso Raffaella Castagna, suo figlio di due anni Youssef Marzouk, sua madre Paola Galli ed una vicina di casa, Valeria Cherubini che, la sera dell’11 dicembre 2006, si precipitò nell’appartamento in via Diaz. Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini ed unico testimone oculare, fu l’unico sopravvissuto ma è venuto a mancare nel 2014.

Tarfusser avrebbe espresso dubbi sulle tre prove fondamentali della condanna, ovvero una macchia di sangue di una delle donne uccise ritrovata nell’auto di Olindo, la testimonianza di Mario Frigerio e la confessione di Olindo e Rosa. Queste tre prove sarebbero state smontate all’interno dell’istanza di 58 pagine presentata dal sostituto procuratore di Milano. Egli fa leva sul fatto che le armi da punta e corpi contundenti utilizzati non vennero mai ritrovati, che al suo primo interrogatorio Frigerio non accusò Olindo e Rosa, ma sostenne di essere stato aggredito da un uomo dalla pelle olivastra e, infine, la confessione dei due del 10 gennaio, che fino a due giorni prima si erano proclamati innocenti. Gli inquirenti li fecero incontrare in carcere e li intercettarono e loro, anche in quell’occasione, continuavano a ritenersi innocenti ed a riflettere su chi potesse aver commesso la strage. Come sostenuto da Tarfusser: “Nessuno spazio viene dato agli interrogatori dell’8 gennaio 2007, solo due giorni prima di quelli in cui rendono le confessioni. Nessuna delle due sentenze ne tratta, non hanno alcun valore, sono tamquam non essent. Eppure sono, a mio avviso e per quanto dirò, di grande, di fondamentale importanza perché sono propedeutici alle confessioni”.

Oltre ai dubbi sulle tre prove della condanna, arrivano anche le perizie dei consulenti, che reputano non attendibile la testimonianza di Frigerio perché, spiegano: “Frigerio sviluppò, a seguito dell’aggressione, una disfunzione cognitiva provocata da intossicazione da monossido di carbonio, arresto cardiaco, shock emorragico e lesioni cerebrali focali. Stante la gravità dei singoli eventi neurolesivi, la loro concomitanza in un soggetto anziano e iperteso ha sicuramente determinato un complessivo scadimento delle funzioni cognitive necessarie a rendere valida testimonianza”. Prosegue il magistrato: “Il testimone fu progressivamente indotto ad aderire a suggerimenti che determinarono l’installazione di una falsa memoria circa la corrispondenza tra l’aggressore sconosciuto e Olindo Romano. Dalla decodifica e trascrizione integrale delle intercettazioni ambientali dal 20 dicembre 2006 al 3 gennaio 2007 compresi, mai effettuate prima, si evince che il testimone fu esposto ad alterazione del ricordo da parte dei figli e del suo avvocato. Queste stesse trascrizioni sono inoltre prova ulteriore del decadimento cognitivo di Frigerio, che lo rendeva inidoneo a rendere testimonianza”.

Spunta un nuovo testimone

Dopo la sentenza della Cassazione del 4 maggio 2011, le indagini della difesa per ribaltare la condanna non si sono fermate ed alcuni mesi fa si è riuscito a rintracciare un uomo tunisino, finito all’interno di un’inchiesta della Guardia di finanza e legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk, ovvero il compagno di Raffaela Castagna e padre di Youssef Marzouk, due delle vittime della strage. Ciò avrebbe dunque aperto la strada per una pista alternativa, ovvero un regolamento di conti tra bande rivali, legato inevitabilmente allo spaccio ed alla strage di via Diaz, all’interno del quale appartamento sarebbero stati nascosti droga e denaro. Questo elemento, insieme ai dubbi sopracitati, avrebbero portato la difesa a provare a smontare le tre prove fondamentali del caso che tengono ancora oggi in carcere Olindo Romano e Rosa Bazzi.

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